In presenza di sintomi tipici della malattia (poliuria, polidipsia, calo ponderale) e anche in una sola occasione di:
- glicemia casuale ≥200 mg/dl (indipendentemente dall’assunzione di cibo).
In assenza dei sintomi tipici della malattia la diagnosi di diabete deve essere posta con il riscontro, confermato in almeno due diverse occasioni di:
- glicemia a digiuno ≥126 mg/dl (per digiuno si intende almeno 8 ore di astensione dal cibo)
oppure
- glicemia ≥200 mg/dl 2 ore dopo carico orale di glucosio (eseguito con 75 g)
oppure - HbA1c ≥48 mmol/mol (6,5%)
No, i tipi di diabete più frequenti sono 3, il diabete di tipo 1, il diabete di tipo 2 e il diabete gestazionale.
- diabete di tipo 1, immunomediato, generato dalla distruzione delle β- celluledel pancreas (deputate alla produzione di insulina) che porta al completo deficit insulinico
- diabete di tipo 2 ( conseguente alla progressiva riduzione della capacità secretoria delle β-cellule in un contesto sottostante di insulino resistenza )
- diabete gestazionale diabete diagnosticato nel secondo o nel terzo trimestre di gravidanza.
Tra gli altri tipi di diabete ricordiamo il diabete di origine genetica (MODY) il diabete secondario a malattie, infezioni, farmaci o interventi.
La prevalenza stimata per le forme più frequenti del diabete è del 2-3% per il diabete di tipo 1, del 90% per il diabete di tipo 2 e intorno al 7% nel caso del diabete gestazionale.
Lo screening per il diabete di tipo 2 dovrebbe essere preso in considerazione in adulti di ogni età in sovrappeso (BMI≥25 kg/m2 or ≥23 kg/m2 negli Asiatici), con uno o più fattori di rischio per diabete aggiuntivi;per tutti lo screening dovrebbe iniziare a 45 anni.
I programmi di screening possono essere basati sulla glicemia a digiuno, sull’emoglobina glicata o sull’OGTT. In caso di normalità del test di screening, il test andrebbe ripetuto ogni 3 anni.
Lo screening per diabete di tipo 1 con il relativo pannello anticorpale è raccomandato solo nei contesti di trials di ricerca o in parenti di primo grado della persona con diabete di tipo 1.
In particolare diversi studi dimostrano che la misurazione degli autoanticorpi nei parenti di persone con diabete di tipo 1 possa identificare coloro che sono a rischio di sviluppare il diabete di tipo 1 consentendo uno stretto follow-up e una tempestiva diagnosi del diabete di tipo 1 o l’inserimento in studi di intervento.
Gli autoanticorpi indicativi di diabete di tipo 1 sono IAA (anticorpi anti insulina), GADA (anticorpi anti glutammico decarbossilasi), ICA (anticorpi anti insula), IA-2 (anticprpi anti tiroisin fosfatasi), ZnT8A (gli autoanticorpi anti-trasportatore 8 dello zinco) insieme ai quali può essere utile una valutazione della secrezione beta-cellulare.
No, circa il 5% dei pazienti inizialmente definiti come diabete tipo 2 è in realtà affetto da una forma di diabete autoimmune a lenta evoluzione verso l’insulino-dipendenza, definito LADA (Latent Autoimmune Diabetes in Adults). Alcuni autori ritengono che il LADA rappresenti in realtà il diabete tipo 1 dell’adulto.
Il LADA va sospettato se sono presenti uno o più tra le seguenti caratteristiche:
- età <50 anni
- IMC <25 kg/m2
- anamnesi positiva per malattie autoimmuni
- familiarità positiva per diabete tipo 1 o malattie autoimmuni
- necessità di terapia insulinica entro 6-12 mesi dalla diagnosi
- l’età di esordio >50 anni e lapresenza di sovrappeso non devono tuttavia portare a escludere a priori la diagnosi di LADA quando gli altri criteri siano soddisfatti
I test diagnostici utili per confermare il sospetto clinico di LADA sono la determinazione dei marcatori di autoimmunità (GADA, IA-2A), la valutazione della funzione beta-cellulare mediante misurazione C-peptide basale o dopo stimolo con glucagone ( in seguito al quale Valori di C-peptide <0,2 nmol/l al basale o <0,6 nmol/l dopo stimolo, sono indicativi di un grave deficit di secrezione insulinica e della necessità di trattamento insulinico).
“Prediabete” è il termine usato per coloro per i quali i livelli di glicemia non sono sufficientemente elevati da rispondere ai criteri per il diabete ma che sono comunque troppo elevati per essere considerati normali.
Il prediabete è definito dalla presenza/copresenza di
- un’alterata glicemia a digiuno (glicemia a digiuno compresa tra 100 e 125 mg/dL) e /o
- una ridotta tolleranza ai carboidrati (glicemia dopo curva da carico orale con 75 gr di glucosio compresa tra 140 e 199 mg/dl) e/o
- A1C 5.7–6.4% (39–47 mmol/mol)
Attualmente non esistono prove che dimostrano la sicurezza ed efficacia dei nutraceutici sulla riduzione del rischio di sviluppare diabete tipo 2 e sul controllo glicemico nelle persone con diabete.
In termini di cura del diabete una nuova frontiera è rappresentata dal pancreas artificiale che combina le caratteristiche di una pompa insulina con quelle di un sensore per la glicemia orchestrate dinamicamente insieme da un algoritmo che consente di modulare il rilascio di insulina/ glucagone (nel pancreas artificiale bi-ormonale) sulla base dell’andamento glicemico. Tutto senza l’intervento dall’esterno del paziente.
Dieta
Attraverso la riduzione dell’apporto calorico con l’alimentazione, prediligere l’introito di grassi insaturi (poli e mono insaturi) e seguire una dieta ricca in fibre ed alimenti a basso indice glicemico (es. dieta Mediterranea) gli acidi grassi saturi aumentano il rischio di diabete tipo 2, così come il consumo di carni rosse e bevande zuccherate.
L’assunzione di acidi grassi insaturi (poli- e monoinsaturi), un elevato consumo di noci, bacche, yogurt, caffè e te sono associati ad un ridotto rischio di diabete di tipo 2.
Stile di vita
Lo svolgimento di un’attività fisica regolare (20-30 minuti al giorno o 150 minuti alla settimana) rappresenta uno dei mezzi più appropriati per ridurre il rischio di diabete.
Osservare un adeguato periodo di riposo (approssimativamente 7 ore a notte) riduce il rischio cardiometabolico, mentre la deprivazione da sonno si associa ad un peggioramento dell’insulino-resistenza e dei fattori di rischio ad essa correlati, inclusa la glicemia.
Sì, nei pazienti con diabete di tipo1 SENZA COMPLICANZE l’obiettivo glicemico deve essere mantenuto al di sotto di 6.5% (48 mmol/mol) di HbA1c, per le persone con diabete di tipo 1 e storia di complicanze l’obiettivo glicemico plausibile può essere pari al 7% (53 mmol/mol) di HbA1c.
Nel caso di persone con diabete di tipo 2 è applicabile il limite di 6.5% (48 mmol/mol) di HbA1c a condizione che possa essere raggiunto con farmaci che comportano un basso rischio di ipoglicemia.
Quando si devono adoperare farmaci capaci di determinare ipoglicemia (insulina, sulfaniluree, glinidi) è necessario mantenere l’emoglobia glicata a livelli più elevati (48-58 mmol/mol cioè tra 6.5-7%) nelle persone con ridotta aspettativa di vita (età avanzata o comorbidità) si possono tollerare livelli più elevati di HbA1c.
Dizionario del diabete
Lo strumento che ti guida ad individuare e conoscere i termini della patologia, per migliorare la gestione del diabete.