Secondo uno studio statunitense, pubblicato su “Diabetes Care”, una costante perdita di peso, supportata da una consulenza sulla dieta e sull’attività fisica, potrebbe aiutare le persone con diabete a limitare i danni al cervello.

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Un team di ricercatori statunitensi ha seguito un gruppo di persone con diabete di Tipo 2 per più di dieci anni, offrendo ad alcuni di loro una regolare consulenza, con supporto sulla dieta e sulla attività fisica, per aiutarli a perdere almeno il 7% del loro peso e a mantenere questa condizione.

«Cambiare il proprio comportamento durante la mezza età per perdere peso e aumentare l’attività fisica può portare a benefici a lungo termine per la salute del cervello più avanti nel tempo», sostiene Mark Espeland, autore principale del lavoro. «Il cervello consuma circa il 20% dell’energia che usa il corpo, e la risorsa principale di questa energia è lo zucchero nel sangue», spiega Espeland.
Il diabete, rendendo il glucosio nel sangue una fonte meno affidabile di energia, può compromettere il funzionamento cerebrale e condurre a declino cognitivo nel tempo.

Alla fine dello studio, il gruppo di controllo ha fatto registrare volumi minori di materia grigia e più alterazioni della sostanza bianca, aspetti entrambi legati con il decadimento cognitivo. A 164 partecipanti era stato offerto un counseling intensivo, incoraggiando diete a basso apporto calorico con pochi grassi e proteine e impostando una serie di obiettivi di esercizio fisico di almeno 175 minuti a settimana di attività moderata, come la camminata svelta.
Il gruppo inizialmente aveva sessioni settimanali seguite da incontri mensili per un lungo periodo di tempo. Il gruppo di controllo ha ricevuto solo l’assistenza standard ed è stato invitato a frequentare lezioni di gruppo alcune volte in un anno.Nel primo anno, il gruppo sottoposto a counseling intensivo ha perso in media circa il 12% del proprio peso, mentre il gruppo di controllo meno dell’1%.
Complessivamente, entrambi i gruppi avevano funzioni cognitive simili al termine della ricerca, anche se i partecipanti al gruppo del counseling ha ottenuto prestazioni migliori nei test di attenzione e di velocità di elaborazione.

Una limitazione di questi risultati, evidenziata dagli stessi autori, è che non si sono considerati altri fattori che potrebbero condurre a un migliore controllo del diabete e alla potenziale protezione del cervello, come la pressione sanguigna, l’apnea notturna, la depressione, l’uso di farmaci e l’infiammazione.

Fonte: MA Espeland et al. Diabetes Care. May 2016; 39(5): 764-771.

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