Buongiorno! Come ogni anno, arriva l’estate. Il mare, il costume, gli sguardi incuriositi… il microinfusore e il sensore della glicemia. Per me, dopo 25 anni di diabete, è una cosa normalissima. A volte, mi sembra che tutti gli altri usino semplicemente la penna come facevo io qualche anno fa. Succede che qualcuno si avvicini e mi chieda come mi trovo, perché il figlio, la zia o l’amico sono diabetici. Ogni tanto, mi avvicino io, quando scorgo un microinfusore o vedo qualcuno provare la glicemia. Nasce quel “feeling” tutti con storie diverse ma simili, che ci avvicinano, ci rendono uniti e in quel momento, smetti anche di essere uno straniero.
Caro Jacek,
Si dice che il diabete sia una malattia silenziosa e invisibile. In realtà, ho l’impressione che negli ultimi anni sia diventata ben visibile, quasi evidente, grazie ai microinfusori ed i sensori. Mi sono chiesta tante volte: sarà un bene?!
Secondo me sì.
L’estate è la stagione regina dell’esposizione dei nostri gadget. C’è chi, come me, ne va fiero, Chi si vergogna, chi si sente a suo agio, solo a volte e chi sempre. Oltre che mostrarci agli altri e comunicare con i nostri corpi: “ehi, ho il diabete, lo vedi?” Succede che nel nostro girovagare nelle spiagge e nei lidi, ci sentiamo, come dici tu, “meno stranieri”. Ci si riconosce subito tra di noi, veniamo dallo stesso paese e abbiamo la stessa terra d’origine. Usi e costumi in comune. Un tempo, invece, anche incontrare un altro diabetico era una scelta. Dovevi decidere se togliere la maschera e mostrarti al mondo, oppure tacere per sempre. Non lo vedevi da fuori, potevi farti “i fatti tuoi”, con quella velata discrezione che traspariva, forse per una mancata accettazione della patologia, o potevi parlare e aprirti.
Ora, il microinfusore e il sensore ci servono e ci aiutano. Per questo motivo, noi lo vogliamo anche d’estate e magari, perché no, rappresentano anche l’aiuto psicologico per imparare a non avere timore di esporci. Chi ha detto che del diabete o della malattia, in generale, si debba avere vergogna? Mai sia! Anzi, dovremmo fare un “diabete pride“ e ballare e abbracciarci ed essere liberi e fieri di cosa siamo tutti insieme. Col microinfusore, sensore, i-port e tutto il resto.
E allora, dicevo, non ci vergogniamo più e nasce tra di noi quel “feeling” segreto di cui parlavi. Pensiamo: “ecco lui ha il microinfusore, guarda! lo tiene lì e io lo tengo qua. Che marca sarà?”, “Come si troverà?” “Guarda il suo sensore! È come il mio!”
I meno timidi si avvicinano, iniziano a parlare e ci si sente subito come cugini o fratelli di padri diversi, a discutere con chi ha il diabete come noi. Con chi si mostra ed è del nostro “clan”, questa sub-comunità che siamo diventati e che rende più semplice fare conoscenza, riunirsi e associarsi.
E com’è bello sentirsi più liberi, quando non si è schiavi dell’estetica, ma bisognosi solo di benessere?
Fisico e psicologico?
Secondo me, è il vero inizio della libertà.
Diabete o no, a questo dovremmo ambire, sempre.
A presto
Elisa