Uno studio presentato all’European Association for the Study of Diabetes e pubblicato su Cardiovascular Endocrinology & Metabolism fa una previsione sull’aspettativa di vita delle persone con diabete.
I soggetti con diabete “perdono” anni di vita rispetto a quelle senza diabete, questo è ciò che è emerso da uno studio presentato al congresso European Association for the Study of Diabetes e pubblicato su Cardiovascular Endocrinology & Metabolism, in cui per prevedere l’aspettativa di vita delle persone con diabete e di quelle senza diabete, sono stati combinati in un modello i dati del National Diabetes Audit analizzando i tassi di mortalità per le persone con diabete del 2015-2016 con dati divisi in 5 gruppi di età, per sesso ed espressi come rapporto con la popolazione generale e del Office for National Statistics analizzando i tassi di mortalità per gli anni 2015-2017 della popolazione senza diabete classificandola per età e sesso.
Lo studio ha analizzato i dati di oltre 41 milioni di persone, mostra che un individuo medio con diabete di Tipo 2 (65,4 anni di età) o di Tipo 1 (42,8 anni di età) ha un’aspettativa di vita inferiore a una persona senza diabete (18,6 contro 20,3 anni e 32,8 contro 40,2 anni), con anni di vita persi medi (Lly) rispettivamente di 1,7 e di 7,6 anni. Gli anni di vita persi sono risultati superiori nelle donne rispetto agli uomini, aumentando del 21% con il diabete di Tipo 1 e del 45% con quello di Tipo 2.
Inoltre, è stato osservato che per ogni anno trascorso da un soggetto diabetico con livelli di emoglobina glicata (HbA1c) superiori a 58 mmol/mol (7,5%), si perdono circa 100 giorni di vita e che il 70% delle persone con diabete di Tipo 1 e il 33% di quelle con diabete di Tipo 2 aveva i livelli di emoglobina glicata alti all’ultimo controllo.
Per i medici e per gli individui con diabete è fondamentale conoscere ciò che può garantire uno stile di vita migliore e come rendere più efficiente la terapia in modo tale da mantenere sotto controllo i valori come la glicemia ed emoglobina glicata. I ricercatori riconoscono come limiti dello studio la forte dipendenza dei dati di mortalità a livello nazionale con l’attitudine al fumo, l’inattività, il sovrappeso, l’ipertensione e l’uso di statine.
Nonostante ciò è importante collegare il controllo glicemico alla mortalità per ricordare che «mantenere i livelli di glicemia entro l’intervallo di riferimento riduce il rischio di complicazioni e può anche prolungare l’aspettativa di vita» ha commentato Lucy Chambers, del Diabetes Uk, e per fare questo giocano un ruolo fondamentale non solo la terapia ma anche l’aderenza alle raccomandazioni sullo stile di vita.