Resistenza a insulina: studio sul Monte Everest.

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Un gruppo di ricercatori dell’Università di Southampton ha utilizzato l’alta quota per studiare la correlazione tra i bassi livelli di ossigeno nell’organismo (ipossia) e lo sviluppo dell’insulino-resistenza. Ha guidato la spedizione sull’Everest, nel 2007, Mike Grocott che ha voluto così ricreare, in 24 soggetti sani, la situazione delle persone con obesità. Le cellule dei pazienti obesi, infatti, si comportano come se fossero ad alta quota, in costante carenza di ossigeno, e proprio questa è una delle cause dello sviluppo del diabete di Tipo 2. I partecipanti, partiti da Londra, hanno raggiunto il Campo Base dell’Everest (5.300 metri) in 13 giorni.
A ognuno di loro sono stati misurati diversi parametri: il peso, la glicemia, i livelli di insulina, alcuni marcatori di stress ossidativo e infiammatorio, oltre alla saturazione dell’ossigeno nel sangue. Per trovare una correlazione tra ipossia e resistenza all’insulina, le misurazioni sono state fatte al momento della partenza da Londra, durante l’ascesa al Campo Base e ripetute a distanza di 1, 6 e 8 settimane.

Nel periodo passato ad alta quota, spiegano gli autori, diversi indicatori della resistenza all’insulina sono via via aumentati, a causa di uno stato di infiammazione e di stress ossidativo delle cellule. Questo fenomeno è simile a quello che si verifica nelle persone obese, in cui i vasi sanguigni non sono adeguati a portare sufficiente ossigeno alle cellule. I ricercatori hanno osservato che, durante l’abbassamento della saturazione di ossigeno per effetto dell’altitudine, dal 98% all’82%, i livelli di insulina nelle ultime due settimane dello studio aumentavano del 200%.
Nello stesso tempo, l’aumento di insulina a digiuno era accompagnata da una condizione di forte stress ossidativo e da una risposta infiammatoria. I dati raccolti durante la spedizione sono stati utilizzati ed elaborati per uno studio pubblicato di recente sulla rivista Plos One. «Questa ricerca ci dà delle indicazioni utili per combattere la resistenza all’insulina», spiega Mike Grocott, «e ci suggerisce possibili interventi per ridurre la progressione verso il diabete, limitando lo stress ossidativo e l’infiammazione».

Lo studio fa parte di un programma di ricerca sull’ipossia e sulle prestazioni fisiche ad elevate altitudini, che ha lo scopo di migliorare non solo la cura dei pazienti critici ma anche l’intervento in situazioni in cui l’ipossia è un problema fondamentale.

Fonte: M. Siervo et al., Plos One; 2014; 9: e94915

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