Secondo uno studio controllato randomizzato di un anno, condotto su 139 persone con diabete di Tipo 2, la terapia cognitivo comportamentale migliora i livelli di emoglobina glicata e riduce i sintomi depressivi e di sofferenza. I risultati sono stati pubblicati su “Diabetes Care”.
Le persone con diabete di Tipo 2 possono migliorare i livelli di emoglobina glicata (HbA1c) e
ridurre i sintomi depressivi e di sofferenza se vengono trattate con una terapia cognitivo
comportamentale personalizzata. Questi i risultati di uno studio controllato randomizzato durato un
anno e condotto su 139 adulti con diabete di Tipo 2 (età media, 52,6 anni, 77,7% donne) e con la
presenza di sintomi depressivi. I partecipanti sono stati reclutati in un’area rurale. Lo studio,
pubblicato su Diabetes Care, è stato condotto da specialisti della East Carolina University di
Greenville, negli USA.
Gli Autori dello studio hanno assegnato i partecipanti in modo casuale al trattamento di intervento o
alle cure standard. Il trattamento di intervento consisteva in una terapia comportamentale cognitiva
oltre a un intervento di consulenza sullo stile di vita. La terapia cognitivo comportamentale
comprendeva 16 sedute individuali in cui venivano affrontati i sintomi depressivi e il miglioramento
della gestione del diabete. A 6 mesi, tutti i partecipanti sono stati valutati e assegnati a una nuova
forma di trattamento, se necessario.
I livelli di HbA1c sono scesi in media dello 0,92% nel gruppo di intervento rispetto a un calo dello
0,31% nel gruppo di terapia standard. Si tratta secondo gli Autori di miglioramenti marginalmente
significativi rispetto alla terapia tradizionale. Tuttavia, il disagio correlato ai sintomi di stress
legati al regime terapeutico e i sintomi depressivi sono diminuiti mentre i comportamenti di auto-
cura e l’aderenza alla terapia sono migliorati nel gruppo di intervento rispetto al gruppo di cure
standard. I ricercatori hanno anche trovato una correlazione tra i livelli di HbA1c abbassati e i
miglioramenti nel disturbo correlato al regime e nell’aderenza alla terapia.
Gli Autori hanno concluso sottolinenando come questi risultati evidenzino la necessità di un
approccio più integrato che coinvolga specialisti di più discipline e operatori sanitari della
comunità.