Sappiamo che l’insulina permette al glucosio presente nel sangue di ‘entrare’ nelle cellule; ma quante unità di insulina servono per ‘smaltire’ il glucosio proveniente da diciamo 100 grammi di carboidrati? La risposta non è univoca. L’effetto dell’insulina varia da persona a persona e varia anche nella stessa persona nel corso della giornata. Utilizzando alcune regole verificate in base ai dati annotati nel diario alimentare, il medico può stimare questo rapporto insulina/carboidrati (I:C) che esprime appunto quanti carboidrati sono ‘assorbiti’ da una singola unità di insulina in modo personalizzato (ad ognuno il suo).
Ciascuno di noi può, quindi, avere diversi rapporti I:C.
Fattore di sensibilità all’insulina (FSI) (H2)
Questi conti partono, ovviamente, dal presupposto che la glicemia è all’interno del target preprandiale concordato con il diabetologo. Questo, non sempre accade. Potrebbe essere più alta o più bassa. Se la glicemia è più alta vuol dire che avevo poca insulina in corpo e la dose “corretta” di insulina per il pasto potrebbe essere insufficiente, se è più bassa invece la dose potrebbe essere esagerata. Occorre, quindi, misurare la glicemia, confrontarla con il target e capire quante unità di insulina in più o in meno servono per correggerla e portarla a norma.
Per fare questo devo conoscere il mio fattore di sensibilità all’insulina, chiamato anche “fattore di correzione”, vale a dire devo sapere quanto scende la mia glicemia per ogni unità di insulina assunta.
Alimentazione e diabete. In pratica devo:
- Misurare la glicemia: Se è fuori target devo calcolare la differenza tra il valore di glicemia rilevato e il mio obiettivo glicemico (glicemia target).
- Dividere il risultato per il Fattore di sensibilità (o fattore di correzione).