I risultati di uno studio, pubblicato su “Diabetes Care”, indicano che un buon controllo dell’emoglobina glicata è importante per ridurre la mortalità nelle persone anziane, ma l’obiettivo glicemico andrebbe personalizzato.
Da un’analisi del Registro nazionale svedese del diabete, pubblicata di recente sul New England Journal of Medicine, emerge che mentre la prevalenza della malattia continua a crescere, qualcosa sembra cambiare in meglio sul fronte delle cure.
«La prevalenza del diabete è in aumento esponenziale in tutto il mondo», ricordano gli autori dell’Università di Göteborg. «Poco si sa invece dei trend a lungo termine relativi all’eccesso di mortalità e di complicanze cardiovascolari nel diabete di Tipo 1 e nel diabete di Tipo 2». Proprio per questo, il team svedese ha cercato questi dati all’interno del Registro, analizzando gli anni dal 1998 al 2012 e seguendo i partecipanti allo studio fino al 2014.
Complessivamente, sono stati inclusi nell’analisi 36.869 pazienti con diabete di Tipo 1 e 457.473 pazienti con diabete di Tipo 2, appaiati a rispettivi gruppi di soggetti di controllo.
I risultati dello studio indicano una sostanziale riduzione della mortalità per qualsiasi causa nei pazienti con diabete di Tipo 1, mentre in quelli con diabete Tipo 2 la riduzione appare più variabile e meno significativa. In conclusione, da questa analisi è emerso che, in Svezia, dal 1998 al 2014 la mortalità e l’incidenza degli eventi cardiovascolari si è ridotta sensibilmente tra le persone con diabete, con la sola eccezione degli eventi fatali nei pazienti con diabete di Tipo 2.
«Per quanto sia difficile confrontare le riduzioni nel tasso di eventi da una nazione all’altra per le inevitabili differenze nell’accesso alle cure, negli standard di cura e nei criteri diagnostici per diabete», scrivono gli Autori, «questi risultati sono coerenti con i trend di mortalità globale e malattie cardiovascolari associati al diabete che sono stati osservati in Europa e Nord America».