La scienza biomedica da anni sta vivendo alcune autentiche rivoluzioni dettate dall’avanzamento e dall’integrazione delle conoscenze sviluppate in più campi.
Accanto a discipline tradizionalmente legate alla biomedicina quali la biologia cellulare e molecolare e la chimica farmaceutica, altre discipline stanno contribuendo allo sviluppo di approcci innovativi. Sicuramente paradigmatici sono alcuni binomi che hanno già cambiato e ancor di più cambieranno radicalmente gli orizzonti della medicina.
Intelligenza artificiale unitamente alla medicina consentirà, in maniera sempre più precisa e raffinata, di ottenere informazioni accurate sulla diagnostica, sui processi di cura, sulla variabilità del trattamento e sui risultati nei pazienti. Il binomio tra la scienza dei materiali e la medicina, spingerà l’ingegneria tissutale e più in generale la medicina rigenerativa verso terapie sempre meno invasive e più efficaci grazie all’utilizzo di cellule staminali, bio e nanomateriali.
Il risultato di queste rivoluzioni in atto è la disponibilità di strumenti diagnostici e terapeutici sempre più efficaci non solo per un numero ristretto di soggetti affetti da malattie rare, ma anche per larghe fette di popolazione colpite da malattie croniche. Un esempio è l’applicazione delle nuove micro-tecnologie alla gestione del diabete.
Il sistema più avanzato disponibile oggi per misurare quotidianamente lo zucchero nel sangue nei malati di diabete è costituito da un micro-sensore impiantabile che è in grado di misurare in modo continuativo i livelli di glucosio fino a 6 mesi.
Il sistema è in grado di inviare allarmi, avvisi e notifiche relativi ai valori del glucosio visibili in qualsiasi momento su uno smartphone
Il diabete è una delle più grandi emergenze sanitarie globali del XXI secolo. Si stima che circa 425 milioni di persone in tutto il mondo, ovvero l’8,8% degli adulti tra i 20 e i 79 anni, abbiano il diabete e diventeranno 629 milioni entro il 2045.
Il suo costo umano ed economico è enorme: siede a pieno titolo tra le prime 10 cause di morte a livello globale (circa 4 milioni di persone di età compresa tra i 20 e i 79 anni sono morte per il diabete nel 2017) e si traduce in 727 miliardi di dollari spesi ogni anno solo nel settore sanitario, cioè uno ogni otto dollari spesi per l’assistenza sanitaria.
Anche in Italia il diabete rappresenta una delle malattie cronico-degenerative più diffuse, colpendo in tutte le sue forme oltre 4 milioni di persone, circa l’8% della popolazione (più del doppio di 30 anni fa) e con un trend in costante crescita. Secondo i dati dell’Italian Diabetes & Obesity Barometer, la malattia può ridurre di 5-10 anni l’aspettativa di vita.
Per salvare vite umane e prevenire o ritardare in modo significativo le complicanze legate al diabete, è necessaria una gestione accurata della malattia che implica la possibilità di monitorare in modo adeguato i livelli di zucchero nel sangue, possibilmente in modo continuativo. All’inizio del Novecento la misurazione dello zucchero nel sangue richiedeva 100-200 ml di sangue e un tempo di circa due ore, a tal punto che la diagnosi di diabete si faceva attraverso la determinazione dello zucchero nelle urine, spesso con l’assaggio da parte del medico poiché era l’unica modalità fattibile nella vita reale.
Oggi il sistema più avanzato disponibile nella pratica quotidiana è costituito da un microsensore impiantabile che è in grado di misurare in modo continuativo i livelli di glucosio fino a 6 mesi. Il sensore può essere inserito in pochi minuti sottocute nella parte superiore del braccio in anestesia locale.
Il sistema è in grado di inviare allarmi, avvisi e notifiche relativi ai valori del glucosio visibili in qualsiasi momento su uno smartphone.
Il paziente, quindi, può vedere la curva della sua glicemia e il sistema lo avverte attraverso una vibrazione, prima che i livelli di glucosio raggiungano valori troppo elevati o troppo bassi.
Il sensore è incapsulato in un materiale biocompatibile e utilizza un polimero fluorescente esclusivo che indica la presenza di glucosio. All’interno del sensore un diodo a emissione luminosa eccita il polimero, che segnala rapidamente le variazioni della concentrazione del glucosio tramite variazioni nell’emissione di luce. Questa misurazione viene poi ritrasmessa al trasmettitore. Le misurazioni vengono eseguite automaticamente e non richiedono alcun intervento da parte del soggetto che indossa il sistema.
Cinquant’anni fa un sistema del genere poteva esistere solo nella fantascienza. E come sarà il futuro? Probabilmente avremo un’insulina in grado di sentire direttamente la concentrazione degli zuccheri e di autoregolarsi senza dover utilizzare sensori come intermediari. Confidenzialmente si parla di smart insulin e la sensazione è che non dovremo aspettare altri cinquant’anni prima di averla a disposizione.