Il diabete Tipo 2 è sempre stata una malattia più diffusa tra gli uomini, ma nel 2020 la percentuale di donne con diabete ha raggiunto quella degli uomini, attestandosi in linea con la media nazionale (5,9%). A dispetto di questo aumento, sono proprio le donne a rinunciare più spesso alle prestazioni sanitarie, soprattutto in presenza di malattie croniche. Infatti, dagli studi emerge che il 22,7% delle donne con diabete Tipo 2 rinuncia alle cure, mentre per quanto riguarda gli uomini la percentuale è più bassa (17,2%).
Questo andamento lo possiamo spiegare attraverso una pluralità di motivi, tra cui un ruolo incisivo lo gioca la maggior longevità delle donne, tanto che il tasso aggiustato per età fa sì che la prevalenza sia più bassa tra le donne (4,7%) che per gli uomini (5,5%). Un altro elemento importante sono le diseguaglianze socio economiche, come il titolo di studio, nella fascia di età 45-64 anni è stata riscontrata una prevalenza tre volte più elevata tra le donne con bassa istruzione, il 5,8% rispetto l’1,8% tra le più istruite, e il reddito. Bassa istruzione e scarso reddito si associano spesso a stili di vita non salutari, come cattive abitudini alimentari, sedentarietà, insufficiente ricorso alla prevenzione, maggior rischio di obesità e di insorgenza di malattie metaboliche. Tali condizioni, inoltre, possono ridurre le opportunità di accesso a servizi e prestazioni sanitarie di qualità e causare ritardi di diagnosi. Anche i motivi legati al Covid-19 sono stati causa di rinuncia a prestazioni sanitarie negli ultimi anni, anche in questo caso più frequentemente nelle donne rispetto agli uomini.
I dati dell’iniziativa Annali AMD dimostrano che la diabetologia italiana è stata in grado di rispondere con efficacia e tempestività alla crisi provocata dalla pandemia di Covid-19 in Italia. Alla contrazione, inevitabile, del numero di visite in presenza si è infatti sopperito con una notevole attività di contatto a distanza, evidenziando tutte le potenzialità della telemedicina come complemento all’assistenza tradizionale. Anche se non tutti i pazienti potranno essere candidati all’assistenza in remoto, una nuova strutturazione dei centri specialistici, in grado di integrare l’assistenza in presenza con sistemi di telemedicina, potrebbe essere sicuramente un valido strumento per favorire l’accesso alle cure e scongiurare la rinuncia da parte delle persone che incontrano più ostacoli.